La Salamandra appenninica
Salamandra salamandra gigliolii (Eiselt & Lanza, 1956)
Anfibio Urodelo (nei quali gli adulti sono provvisti di coda contrariamente agli anuri, come le rane, in cui la coda viene persa nel passaggio dallo stadio larvale a quello di adulto) dall’aspetto tozzo e robusto, che raggiunge i 20 cm di lunghezza, la salamandra appenninica è resa inconfondibile dalla presenza di macchie giallo-arancio di forma e dimensioni varie sul corpo nero lucente. Questa sua vivace colorazione, detta aposematica, è utilizzata nella difesa dai predatori (alcuni rettili del genere Natrix ma anche uccelli soprattutto Corvidi) come avvertimento della capacità di questa specie di secernere una sostanza irritante che riveste la superficie del corpo. Questa salamandra è attiva soprattutto di notte e in giornate particolarmente umide, durante la pioggia o in presenza di nebbia, con temperature non troppo basse. Nel Parco frequenta esclusivamente gli ambienti forestali a dominanza di faggio, con corsi d’acqua permanenti di media e piccola dimensione, dove ha luogo lo sviluppo larvale, al riparo dalla predazione che soprattutto le trote, in corsi d’acqua di dimensioni maggiori eserciterebbero sulle larve.
Generalmente si tratta di ampie estensioni boschive che si sviluppano lungo grandi vallate od ampi territori, nelle zone comprese tra i 400 e i 1500 metri di altitudine, con un’unica eccezione nel Parco rappresentata dal Vallone di S. Angelo presso Lama dei Peligni dove questo urodelo si riproduce in un piccolo nucleo forestale umido molto impervio inserito in un ambiente circostante roccioso e fortemente arido.
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