24 Novembre 2024
Un Parco di Montagna affacciato sul Mare

Il monitoraggio e la conservazione del camoscio appenninico

Progetto editoriale con la collaborazione del fotografo Bruno D'Amicis
Pochi animali sono legati al mondo rupestre in una maniera tanto intima quanto i camosci.Millenni di evoluzione per una vita in verticale hanno fornito il camoscio di superpoteri: una vista acuta per tenere sott'occhio i nemici e muoversi con sicurezza tra cenge e rupi; una muscolatura degli arti sviluppata, per salti e scatti in velocità; un cuore forte e potente, una grande affinità per l'ossigeno nel sangue, per respirare con efficienza anche nell'aria sottile; ma soprattutto quattro paia di zoccoli speciali che sfidano la gravità, aderendo alla roccia come scarpette d'arrampicata. In pratica, il camoscio sta alla montagna, come l'albatro all'oceano.
La specie che vive in Appennino, Rupicapra pyrenaica ornata, molto diversa da quella delle Alpi, alla fine del Secondo Dopoguerra era ridotta al lumicino. A causa di una caccia spietata, appena una trentina di esemplari sopravvivevano sulle balze scoscese dei monti della Camosciara, nomen omen, dell'allora neonato Parco Nazionale d'Abruzzo.

Oggi, quasi un secolo dopo, la sagoma iconica di questo animale fortunatamente ancora si staglia contro i profili montuosi dei massicci dell'Italia Centrale.

Grazie all'attenta salvaguardia di quel minuscolo nucleo superstite e a successivi progetti di reintroduzione avvenuti a partire dagli anni '90 del secolo scorso, la popolazione di questa specie endemica ha raggiunto alcune migliaia di individui e sembrerebbe, almeno per il momento, fuori pericolo: una volta tanto, una storia a lieto fine per la conservazione della natura nel Nostro Paese.

Nel Parco Nazionale della Maiella, dove questi animali sono stati reintrodotti oltre trent'anni fa a partire da individui provenienti dal Parco d'Abruzzo, il numero di camosci è andato costantemente crescendo, sino a raggiungere i 1.500 esemplari attuali:

la popolazione più nutrita dell'Appennino. Tanto che, a partire dal 2010, è stato possibile prelevare alcuni animali per effettuare le reintroduzioni nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini e in quello Naturale Regionale del Sirente – Velino.
Nei mesi estivi è facile incontrare i camosci, specialmente percorrendo la cosiddetta “via normale” per il Monte Amaro, che dal Rifugio Pomilio (nei pressi del Blockhaus) sale alla cima più alta della Maiella, snodandosi lungo la cresta di Scrimacavallo, le pendici del Monte Focalone e i crinali dei Tre Portoni. I camosci frequentano in particolare i pendii del Focalone e dell'Anfiteatro delle Murelle e sono relativamente abituati al passaggio degli escursionisti. Ciò non significa, ovviamente, che si lascino avvicinare a pochi metri o che sia lecito disturbarli senza ragione (no, nemmeno quella di una bella fotografia...). Quando, infatti, si supera quella linea invisibile che è zona di comfort per un camoscio, questi alza la testa e può emettere un forte sibilo dalle narici. Un segnale d'allarme che precede la fuga: fallimento cocente per qualsiasi naturalista che si rispetti.
Alcuni momenti della vita intima dei camosci della Maiella nelle diverse stagioni dell'anno

Se indisturbati, i camosci trascorrono gran parte del proprio tempo pascolando in gruppo sulle praterie d'altitudine o sulle cenge erbose, riposando di tanto in tanto, da bravi ruminanti, per masticare e assimilare meglio il cibo ingerito.

Nelle ore più calde, essi cercano spesso spesso riparo all'ombra di rupi e pareti. In questi momenti, può capitare che i capretti ingaggino dei giochi esuberanti, fatti di salti, rincorse e ruzzoloni. Si tratta di attività importanti, che permettono ai giovani di imparare a muoversi con destrezza nel mondo indifferente della montagna. Ciononostante, le madri, o delle parenti vicine, non li perdono mai di vista: l'aquila reale sa cogliere ogni opportunità per catturare un camoscetto distratto.
Osservando un camoscio con attenzione si può innanzitutto cercare di capire se si tratti di una femmina (corna non particolarmente ricurve al termine) o di un maschio (corna ricurve e più larghe alla base, presenza di un ciuffo di peli, “pennello”, in corrispondenza dei genitali). Con un po' di esperienza, poi, dalla lunghezza delle corna, anche rispetto alle orecchie, è possibile farsi un'idea dell'età degli animali. I giovani dell'anno, i “capretti” iniziano a mostrare degli abbozzi di corna solamente in autunno, mentre quelli dell'anno precedente hanno dei cornetti che non raggiungono le orecchie.
Ogni anno, nel cuore dell'estate e in autunno, gli zoologi del Parco organizzano il censimento di questi animali e numerose squadre di tecnici, carabinieri forestali e volontari percorrono in lungo e in largo le alte quote della Maiella per raccogliere dati sul numero, sul sesso ed età dei camosci osservati nei diversi branchi distribuiti sul comprensorio. Analizzando, anno dopo anno, questi dati, è possibile monitorare la popolazione e studiarne le dinamiche nel tempo. Proprio a seguito dei censimenti condotti negli ultimi anni, ad esempio, si è iniziata a notare una sempre maggiore assenza di piccoli dell'anno. Un segnale preoccupante, sulle cui cause stanno ora indagando i tecnici.
Un pomeriggio in compagnia del tecnico del Parco Maiella, Antonio Antonucci, alle prese con il monitoraggio dei camosci

Chi ha l'occasione di frequentare le alte quote dell'Appennino anche nel cuore dell'autunno e fino agli inizi dell'inverno, può assistere ad uno degli spettacoli naturali più incredibili che la montagna possa offrire.

A partire dagli ultimi giorni di Ottobre e, in particolare, nella seconda metà di Novembre, infatti, ha luogo la stagione degli amori dei camosci. I maschi, elegantissimi nel loro lustro pelame invernale fatto di macchie color crema circondate da bande marrone scuro, appaiono all'orizzonte per avvicinarsi ai branchi di giovani e femmine. I maschi annusano l'urina di queste ultime, attraverso un organo particolare, quello di Jacobson, situato tra cavità nasali e palato, per percepire la presenza di feromoni che ne rivelino la condizione di estro.

Il Blockhaus

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