01 Settembre 2024
Un Parco di Montagna affacciato sul Mare

Gole di S. Martino, Eremo di S. Martino in Valle, Sorgenti del Verde

Progetto editoriale con la collaborazione del fotografo Bruno D'Amicis
Una delle peculiarità della Maiella, che la rendono così tanto diversa dagli altri gruppi montuosi dell'Appennino, è la sua forma compatta e massiccia, quasi da gigantesco “panettone” di calcare.

Se, da lontano, questa montagna può apparire quindi come un enorme bastione roccioso senza soluzione di continuità, avvicinandosi, ci si accorge invece della presenza di tante valli e fenditure che ne segnano profondamente il profilo, specialmente nei settori settentrionale e orientale.


Tra le numerose gole, forre e valli della Montagna Madre, generate dall'avanzata dei ghiacciai così come dal lavorio delle acque, una delle più sorprendenti è sicuramente quella di Fara San Martino. Con i suoi 14 chilometri di lunghezza e l'impressionante dislivello oltre di 2400 metri lungo cui si sviluppa (dai 450 metri s.l.m del suo punto d'accesso sino ai 2793 m del Monte Amaro, la massima vetta del massiccio), questa può a ben diritto essere definita la “valle delle valli” della Maiella.

La Valle di Macchialunga e i suoi boschi nel cuore dell'autunno

La Valle (o Vallone) di Fara è talmente lunga e complessa, da essere suddivisa in tre tratti, ciascuno con un proprio nome. Dalle Gole alle porte del paese, si entra nel Vallone di Santo Spirito, nei pressi dei resti dell'Abbazia di S. Martino in Valle, per poi passare alla Valle di Macchia Lunga, nel settore centrale, e terminare con l'ampia conca glaciale Valle Cannella alle quote più alte.
Viste dalla cittadina di Fara San Martino, le omonime Gole appaiono come un taglio brutale, una fessura stretta e minacciosa, quasi fosse un accesso segreto al “ventre della montagna” di tolkeniana memoria.

I due versanti della montagna si avvicinano fino a toccarsi e allo stesso tempo a respingersi.


Le ampie pareti di roccia nuda e tormentata sono percorse da linee irregolari, che spesso si piegano, si intersecano e curvano: segni evidenti delle stratificazioni e dei movimenti delle stesse in risposta alla pressione della grande montagna, chiaramente tuttora in atto. Ci si sente davvero ai piedi della Dea Maia, che qui, più di ogni altro luogo, fa sì che il suo rarefatto mondo alpino arrivi a toccare quello mediterraneo e che i camosci si mescolino ai lecci, le orchidee alle campanule, i rondoni alpini ai piccioni selvatici.
L'impressionante veduta delle omonime Gole dal paese di Fara San Martino
D'altronde, non c'è da stupirsi se il passaggio strettissimo con cui si accede alla grande Valle nel tempo abbia suscitato miti e credenze, come quelle secondo cui sarebbe stato lo stesso San Martino di Tour ad averle aperte con delle possenti gomitate, per permettere al popolo di raggiungere i doni serbati dalla montagna, come acqua, legname, selvaggina e pascoli fecondi. In effetti, sorprende non poco pensare che una delle valli più lunghe dell'Appennino inizi con una strettoia larga appena per il passaggio di una persona a braccia aperte.

La suggestione di entrare in queste gole è molto forte, ancor di più assistere al passaggio di uno degli ultimi pastori di queste contrade, mentre precede il suo gregge di pecore e capre che sfilano lentamente, una dopo l'altra.


Un pastore con mulo e gregge al seguito attraversa il punto più stretto delle Gole di S. Martino

Dopo pochi passi, questo piccolo, ma suggestivo canyon si apre all'improvviso sulla prima delle tre grandi “sale” del Vallone di S. Spirito. Dalla penombra si passa ad una luce abbagliante. Quando la vista si adatta finalmente alle mutate condizioni, alla base di un'imponente parete, in corrispondenza di un'ampia grotta, si possono notare i resti di un edificio religioso, i cui toni ocra e marrone scuro sembrano mimare quelli della roccia circostante. Un grande portale, mura diroccate, fregi e un paio di colonne: è ciò che rimane dell'Abbazia di S. Martino in Valle, fondata nel IX secolo, probabilmente su un precedente sito di culto pagano. Una posizione dimessa, ma facilmente difendibile, per questo edificio davvero unico, che ancora oggi si fonde con il paesaggio circostante in maniera straordinaria. Abitata per molti secoli, l'Abbazia è stata più volte colpita da improvvisi eventi alluvionali, quindi abbandonata del tutto e in seguito riportata alla luce per volontà dei devoti cittadini di Fara dallo spesso strato di sedimenti e detriti che l'aveva ricoperta.

I resti dell'Abbazia di S. Martino in Valle alla base di un'imponente parete rocciosa

In questo mondo brullo, ruvido e, all'apparenza, assetato è chiaro che sia l'acqua, o la sua assenza, ad influenzare le scelte e le vicende umane.


Non è un caso che, a poca distanza dalle Gole, nei pressi delle limpide sorgenti del Fiume Verde, dalle acque gelide e turchesi, siano sorti mulini, gualchiere e ramiere: i primi insediamenti industriali stabilitisi nello stesso luogo dove oggi troneggiano gli impianti dei grandi pastifici di rilevanza mondiale di Fara. L'incredibile paradosso, spesso citato dal grande Aurelio Manzi, profondo conoscitore di queste zone, secondo cui qui, a Fara San Martino, il mondo moderno delle multinazionali e quello arcaico, ctonio, dei segreti serbati nel silenzioso ventre della montagna, arrivino a stringersi in uno stupefacente e indissolubile abbraccio.

I Pini neri di Cima della Stretta

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