PRIMIANO MARCUCCI: IL BRIGANTE DI CAMPO DI GIOVE
Primiano Marcucci nacque il 18 febbraio 1840 a Campo di Giove. Il padre Matteo era un bracciante e la madre Maria Emanuela una filatrice. Rimase orfano di padre molto presto e fu suo nonno Donato ad insegnarli il mestiere di pastore e ad introdurlo alle dipendenze di Don Vincenzo Ricciardi (i Ricciardi erano una delle famiglie più potenti di Campo di Giove) che vide in Primiano uno dei più fedeli dipendenti. Secondo una tradizione orale il loro rapporto si incrinò quando Primiano si rifiutò di sposare la figlia della sua amante, in quanto innamorato di Giovannella, figlia di pastori di Palena. A questo punto Don Vincenzo portò via alcuni dei suoi maiali ed accusò pubblicamente il giovane. Lui si ribellò al
padrone e dovette scappare. La stessa sera andò verso il Guado di Coccia dove si trovavano le pecore di Don Vincenzo e le fece precipitare in un burrone.
A questo punto Primiano non ha più scampo e deve darsi alla macchia. Infatti, Don Vincenzo era capo della guardia nazionale del paese, fautore della causa unitaria. Da qui inizia l’avventura di Primiano come brigante nel 1861. Nello stesso periodo tornò a Campo di Giove Don Vincenzo, che si era dovuto allontanare e suo fratello divenne sindaco. Qui non mancò l’occasione di diffamare Primiano che fu accusato di cattiva condotta morale e politica e lo scontro fu di facile avvio. Fù accusato, anche, di essere protagonista politico della reazione tanto da essere tra i più attivi per la cacciata dei nuovi dominatori piemontesi. Primiano voleva il ritorno del re Francesco II e lo voleva subito.
Primiano si rifugiò in montagna alternandosi con discese in Puglia, con la sua banda, e lunghe permanenze sui suoi monti protetto dai suoi amici e dal padre di Giovannella, nello stazzo di Coccia. Il genitore non sospettava nulla dell’amore dei giovani finché lei non rimase incinta. Primiano assicurò il sostentamento del bambino, ma per non creare problemi decise di affidare suo figlio al figlio del pastore Gasparre e a sua moglie. Gasparre spaventato da eventuali ritorsioni da parte delle forze dell’ordine, decise di uccidere il bambino. Primiano continuava a mandare il sostentamento, ma poi si accorse del delitto. Il giorno successivo tornò in quel luogo con Gasparre, lo fece scavare e ritrovare il corpo del bambino e poi lo punì, affogandolo nel siero bollente.
Ciò che è stato scritto fino ad ora è il risultato della tradizione orale mentre sappiamo che Primiano non partecipò il 14 agosto 1862 all’attacco di Campo di Giove. Forse perché non voleva sparare sui
suoi compagni. Il suo nome compare tra le carte processuali sin dal 1862 dopo due anni di latitanza in cui lo si accusa di cattiva condotta ed aver fatto parte dei moti reazionari dell’ottobre 1860 tra Campo di Giove e Cansano. Da alcuni documenti si evince che grazie al suo carisma molto forte era già capobanda e non disdegnava collaborazioni con altre bande. Un suo amico risulta essere Nunzio Tamburrini.
Nel giugno del 1863 la sua banda risultò protagonista, sulla Maiella, dell’attacco a diverse pattuglie della guardia nazionale, di soldati , e del rapimento del giovane Michelangelo Pollice. Ci furono ancora diversi attacchi di Primiano e della sua banda non molto distanti dal Passo della Paura e dal rifugio Accio di Cotica, che avvenivano solitamente di notte per evitare i movimenti delle truppe molte attive in quel periodo.
Come quasi tutti i briganti Primiano d’inverno si rifugiava nello Stato della Chiesa, e così fu anche nel 1863, per poi tornare ad aprile dell’anno successivo sulle montagne. Non poteva tornare a casa e oramai era ben conosciuto anche dalle autorità. Dopo essersi rifugiato sul Trigno e in Val di Sangro, lo ritroviamo sulla Maiella solamente il 2 maggio, a Pizzoferrato presso la masseria Palmieri. I suoi uomini erano stanchi, laceri e scalzi e la banda iniziò a sfaldarsi. Tra maggio e giugno 1864 ci furono diversi suoi avvistamenti a Gamberale e, insieme a Nunzio Tamburrini presso Montenerodomo, per compiere azioni di rappresaglia contro Costanzo Norante che si rifiutava di pagare la somma richiesta. Il 19 giugno 1864 fu istituito un premio per la sua cattura.
Egli riuscì sempre a sfuggire ai suoi inseguitori. Era imprendibile. In autunno fu in azione nei pressi di Agnone e poi tornò nello stato pontificio.
In aprile (1865) la sua presenza fù segnalata a Sulmona. La banda era divisa in piccole unità, una di questa in prossimità di Liscia catturò due cacciatori. Primiano riuscì a tornare pochi giorni a Campo di Giove e per tutto il resto del 1865 si registrarono azioni nella zona del vastese e del Molise. Poi tornò a Roma anche se oramai era ben conosciuto, infatti il mandato di cattura fu inviato anche alle truppe pontificie con tanto di foto segnaletica con la donna che nel frattempo divenne sua moglie: Filomena detta la disgraziata.
Nel 1866 Primiano voleva tornare in Abruzzo, fare bottino e poi partire per le Americhe. Il 29 marzo i documenti indicano che i piani di Primiano erano conosciuti. La documentazione ufficiale si interrompe qui.
Rimane la tradizione orale, riportata da Giovanni Presutti nel suo celebre libro Brigante per Amore che racconta di come nelle zone di Velletri il brigante aveva incontrato una certa Nannina con cui aveva degli incontri passionali. Ella, tuttavia, affascinata anche dalla taglia di denaro aiutò i militi a catturare Primiano. Rientrato in catene in Abruzzo fu processato a 45 anni di carcere. Nel 1911 uscì di galera e tornò a Campo di Giove. Il suo arrivo fu un grande avvenimento. Riprese a fare il pastore e a fare legna. Morì nel 1918.
padrone e dovette scappare. La stessa sera andò verso il Guado di Coccia dove si trovavano le pecore di Don Vincenzo e le fece precipitare in un burrone.
A questo punto Primiano non ha più scampo e deve darsi alla macchia. Infatti, Don Vincenzo era capo della guardia nazionale del paese, fautore della causa unitaria. Da qui inizia l’avventura di Primiano come brigante nel 1861. Nello stesso periodo tornò a Campo di Giove Don Vincenzo, che si era dovuto allontanare e suo fratello divenne sindaco. Qui non mancò l’occasione di diffamare Primiano che fu accusato di cattiva condotta morale e politica e lo scontro fu di facile avvio. Fù accusato, anche, di essere protagonista politico della reazione tanto da essere tra i più attivi per la cacciata dei nuovi dominatori piemontesi. Primiano voleva il ritorno del re Francesco II e lo voleva subito.
Primiano si rifugiò in montagna alternandosi con discese in Puglia, con la sua banda, e lunghe permanenze sui suoi monti protetto dai suoi amici e dal padre di Giovannella, nello stazzo di Coccia. Il genitore non sospettava nulla dell’amore dei giovani finché lei non rimase incinta. Primiano assicurò il sostentamento del bambino, ma per non creare problemi decise di affidare suo figlio al figlio del pastore Gasparre e a sua moglie. Gasparre spaventato da eventuali ritorsioni da parte delle forze dell’ordine, decise di uccidere il bambino. Primiano continuava a mandare il sostentamento, ma poi si accorse del delitto. Il giorno successivo tornò in quel luogo con Gasparre, lo fece scavare e ritrovare il corpo del bambino e poi lo punì, affogandolo nel siero bollente.
Ciò che è stato scritto fino ad ora è il risultato della tradizione orale mentre sappiamo che Primiano non partecipò il 14 agosto 1862 all’attacco di Campo di Giove. Forse perché non voleva sparare sui
suoi compagni. Il suo nome compare tra le carte processuali sin dal 1862 dopo due anni di latitanza in cui lo si accusa di cattiva condotta ed aver fatto parte dei moti reazionari dell’ottobre 1860 tra Campo di Giove e Cansano. Da alcuni documenti si evince che grazie al suo carisma molto forte era già capobanda e non disdegnava collaborazioni con altre bande. Un suo amico risulta essere Nunzio Tamburrini.
Nel giugno del 1863 la sua banda risultò protagonista, sulla Maiella, dell’attacco a diverse pattuglie della guardia nazionale, di soldati , e del rapimento del giovane Michelangelo Pollice. Ci furono ancora diversi attacchi di Primiano e della sua banda non molto distanti dal Passo della Paura e dal rifugio Accio di Cotica, che avvenivano solitamente di notte per evitare i movimenti delle truppe molte attive in quel periodo.
Come quasi tutti i briganti Primiano d’inverno si rifugiava nello Stato della Chiesa, e così fu anche nel 1863, per poi tornare ad aprile dell’anno successivo sulle montagne. Non poteva tornare a casa e oramai era ben conosciuto anche dalle autorità. Dopo essersi rifugiato sul Trigno e in Val di Sangro, lo ritroviamo sulla Maiella solamente il 2 maggio, a Pizzoferrato presso la masseria Palmieri. I suoi uomini erano stanchi, laceri e scalzi e la banda iniziò a sfaldarsi. Tra maggio e giugno 1864 ci furono diversi suoi avvistamenti a Gamberale e, insieme a Nunzio Tamburrini presso Montenerodomo, per compiere azioni di rappresaglia contro Costanzo Norante che si rifiutava di pagare la somma richiesta. Il 19 giugno 1864 fu istituito un premio per la sua cattura.
Egli riuscì sempre a sfuggire ai suoi inseguitori. Era imprendibile. In autunno fu in azione nei pressi di Agnone e poi tornò nello stato pontificio.
In aprile (1865) la sua presenza fù segnalata a Sulmona. La banda era divisa in piccole unità, una di questa in prossimità di Liscia catturò due cacciatori. Primiano riuscì a tornare pochi giorni a Campo di Giove e per tutto il resto del 1865 si registrarono azioni nella zona del vastese e del Molise. Poi tornò a Roma anche se oramai era ben conosciuto, infatti il mandato di cattura fu inviato anche alle truppe pontificie con tanto di foto segnaletica con la donna che nel frattempo divenne sua moglie: Filomena detta la disgraziata.
Nel 1866 Primiano voleva tornare in Abruzzo, fare bottino e poi partire per le Americhe. Il 29 marzo i documenti indicano che i piani di Primiano erano conosciuti. La documentazione ufficiale si interrompe qui.
Rimane la tradizione orale, riportata da Giovanni Presutti nel suo celebre libro Brigante per Amore che racconta di come nelle zone di Velletri il brigante aveva incontrato una certa Nannina con cui aveva degli incontri passionali. Ella, tuttavia, affascinata anche dalla taglia di denaro aiutò i militi a catturare Primiano. Rientrato in catene in Abruzzo fu processato a 45 anni di carcere. Nel 1911 uscì di galera e tornò a Campo di Giove. Il suo arrivo fu un grande avvenimento. Riprese a fare il pastore e a fare legna. Morì nel 1918.
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