La cattura dell’ultimo brigante della Maiella
Roccaraso, 29- 31 luglio 1871
Croce di Tola, detto Crucitte, era ricercato sui monti della Maiella sin dal mese di ottobre del 1860. Tra tutti i briganti era il più longevo e in tanti anni ne soldati, ne guardie nazionali o carabinieri erano riusciti a catturarlo. Figlio della misera, aveva imparato ad essere brigante per necessità collaborando con molti capi banda e tra i più famosi si ricorda Nunzio Tamburrini e Domenico Valerio detto Cannone. Per undici anni visse una vita da fuggiasco e sempre alla ricerca di una via d’uscita da quello stato di perenne ansia e pericolo, braccato dai soldati e morso dalla fame e da intemperie. Molti ufficiali e generali si intestardirono negli ultimi anni nella sua cattura. Non fu mai possibile acciuffarlo. Il cerchio, però, andò inevitabilmente a stringersi. Già nel 1870 la sua banda era ridotta a 4 uomini ossia Gaetano Patella, Angelo del Guzzo, tale Rosario di Pettorano e lui naturalmente che passarono l’ultimo inverno da liberi nello stato della Chiesa a Roma. Nella primavera del 1871 Croce faceva riecheggiare ancora la sua forza in Valle Scura (attuale valle di Rocca Pia) e sui monti Pizzi con l’appoggio delle sorelle Di Sciullo per il vettovagliamento dei suoi uomini. Non mancarono in questi mesi azioni eclatanti da parte della sua banda. A giugno, ad esempio, in uno stazzo di Rocca Pia furono uccise 58 pecore e ferite 92, tutte appartenenti alla famiglia Mascio. Stessa sorte fu riservata a 200 pecore di Giuseppe Antonio Angelone. In entrambi i casi i proprietari non avevano voluto pagare i riscatti richiesti da Crucitte. Oramai, però, il tempo della baldanza si stringeva.
Molte bande erano oramai estinte e molti fuggitivi si consegnavano alle autorità o cercavano di fuggire all’estero. Lui no. Rimaneva sulle sue montagne ad aspettare il suo destino poiché altro non poteva più fare.
Così avvenne che su queste sue montagne venne a cercarlo uno degli uomini più famosi nella lotta al brigantaggio, il cui nome era legato alla cattura di molti di questi. Piemontese di umili origini, la sua storia è legata completamente ai monti d’Abruzzo tanto da essere definito più tardi quale «eroe degli Abruzzi»: questi era Chiaffredo Bergia, brigadiere dei real carabinieri.
Il 29 Luglio 1871 si muoveva in perlustrazione nella zona della montagna detta Pallottieri non molto distante da Roccaraso insieme alla «squadriglia volante» come veniva chiamato il suo gruppo. Si era fermato per riposarsi, ma avvertì la presenza della banda e si preparò all’attacco. Angelo Del Guzzo lo sfidò dicendo: «Pergia, soti se hai coraggio, mangiapolenta» ed iniziarono a sparare. Bergia li fece sparare per mezz’ora senza rispondere al fuoco così da far sprecare più munizioni possibili. Poi decise di rompere l’accerchiamento e provare ad aggirarli. Uscì per primo dal rifugio, poi si inerpicò insieme ad un suo compagno coperto dagli altri che iniziarono a sparare contro i briganti. Questi erano però più riparati, dietro le rocce e in posizione sopraelevata. Chiaffredo però salì alla loro altezza ingaggiando una lotta corpo a corpo con Angelo del Guzzo il quale fu messo in fuga rimandando di qualche mese la sua fine. Lo scontro tra i due gruppi armati diventò impetuoso e caotico fino a quando i militari iniziarono ad inseguirli per otto chilometri verso lo stazzo di Chiarano. Dopo tre ore di scontri, una pallottola colpì la coscia destra di Croce, atterrandolo. Gaetano Patella avvicinatosi, e resosi conto che il capo banda non poteva più camminare, gli sfilò il fucile e portafoglio scappando in gran corsa. Chiaffredo Bergia lasciato un commilitone a guardia del ferito inseguì gli altri briganti ma non fu possibile più raggiungerli. Rimaneva ora solo Crucitte ferito ed atterrato. Fu portato alla stazione di Scanno e secondo i medici si sarebbe rimesso in forma. Non fu così. La cancrena li spinse ad amputargli la gamba e l’arto, secondo alcuni, appeso ad una corda dalla sede del municipio o, secondo altri, dalla stazione dei carabinieri.
Il 30 Luglio 1871 Croce fù interrogato. Durante questo incontro egli racconterà la sua vita da fuggiasco, da bandito e da capo brigante. Dopo undici anni di latitanza si concluse la vicenda del brigante Crucitte. Morì, probabilmente, in carcere nella città dell’Aquila ma non si saprà mai come. Di lui non abbiamo documenti fotografici, né l’atto di morte. Addirittura il foglio inerente il registro dei detenuti conservato presso l’archivio di stato del capoluogo abruzzese risulta mancante, come se la pagina fosse stata strappata per cancellare ogni traccia di Croce. Rimangono ora le leggende ed i racconti tramandati dalle fonti e dagli anziani del posto di quando cioè il brigante Crucitte era il brigante imprendibile dei monti d’Abruzzo.
a cura di Nunzio Mezzanotte “Briganti della Maiella, personaggi, luoghi e avventure”; Documenti tecnico – scientifici del PNM n.10
Iniziativa promossa con i volontari S.C.U. – Ilaria Di Prinzio, Valentina Di Prinzio, Sebastian Giovannucci
Croce di Tola, detto Crucitte, era ricercato sui monti della Maiella sin dal mese di ottobre del 1860. Tra tutti i briganti era il più longevo e in tanti anni ne soldati, ne guardie nazionali o carabinieri erano riusciti a catturarlo. Figlio della misera, aveva imparato ad essere brigante per necessità collaborando con molti capi banda e tra i più famosi si ricorda Nunzio Tamburrini e Domenico Valerio detto Cannone. Per undici anni visse una vita da fuggiasco e sempre alla ricerca di una via d’uscita da quello stato di perenne ansia e pericolo, braccato dai soldati e morso dalla fame e da intemperie. Molti ufficiali e generali si intestardirono negli ultimi anni nella sua cattura. Non fu mai possibile acciuffarlo. Il cerchio, però, andò inevitabilmente a stringersi. Già nel 1870 la sua banda era ridotta a 4 uomini ossia Gaetano Patella, Angelo del Guzzo, tale Rosario di Pettorano e lui naturalmente che passarono l’ultimo inverno da liberi nello stato della Chiesa a Roma. Nella primavera del 1871 Croce faceva riecheggiare ancora la sua forza in Valle Scura (attuale valle di Rocca Pia) e sui monti Pizzi con l’appoggio delle sorelle Di Sciullo per il vettovagliamento dei suoi uomini. Non mancarono in questi mesi azioni eclatanti da parte della sua banda. A giugno, ad esempio, in uno stazzo di Rocca Pia furono uccise 58 pecore e ferite 92, tutte appartenenti alla famiglia Mascio. Stessa sorte fu riservata a 200 pecore di Giuseppe Antonio Angelone. In entrambi i casi i proprietari non avevano voluto pagare i riscatti richiesti da Crucitte. Oramai, però, il tempo della baldanza si stringeva.
Molte bande erano oramai estinte e molti fuggitivi si consegnavano alle autorità o cercavano di fuggire all’estero. Lui no. Rimaneva sulle sue montagne ad aspettare il suo destino poiché altro non poteva più fare.
Così avvenne che su queste sue montagne venne a cercarlo uno degli uomini più famosi nella lotta al brigantaggio, il cui nome era legato alla cattura di molti di questi. Piemontese di umili origini, la sua storia è legata completamente ai monti d’Abruzzo tanto da essere definito più tardi quale «eroe degli Abruzzi»: questi era Chiaffredo Bergia, brigadiere dei real carabinieri.
Il 29 Luglio 1871 si muoveva in perlustrazione nella zona della montagna detta Pallottieri non molto distante da Roccaraso insieme alla «squadriglia volante» come veniva chiamato il suo gruppo. Si era fermato per riposarsi, ma avvertì la presenza della banda e si preparò all’attacco. Angelo Del Guzzo lo sfidò dicendo: «Pergia, soti se hai coraggio, mangiapolenta» ed iniziarono a sparare. Bergia li fece sparare per mezz’ora senza rispondere al fuoco così da far sprecare più munizioni possibili. Poi decise di rompere l’accerchiamento e provare ad aggirarli. Uscì per primo dal rifugio, poi si inerpicò insieme ad un suo compagno coperto dagli altri che iniziarono a sparare contro i briganti. Questi erano però più riparati, dietro le rocce e in posizione sopraelevata. Chiaffredo però salì alla loro altezza ingaggiando una lotta corpo a corpo con Angelo del Guzzo il quale fu messo in fuga rimandando di qualche mese la sua fine. Lo scontro tra i due gruppi armati diventò impetuoso e caotico fino a quando i militari iniziarono ad inseguirli per otto chilometri verso lo stazzo di Chiarano. Dopo tre ore di scontri, una pallottola colpì la coscia destra di Croce, atterrandolo. Gaetano Patella avvicinatosi, e resosi conto che il capo banda non poteva più camminare, gli sfilò il fucile e portafoglio scappando in gran corsa. Chiaffredo Bergia lasciato un commilitone a guardia del ferito inseguì gli altri briganti ma non fu possibile più raggiungerli. Rimaneva ora solo Crucitte ferito ed atterrato. Fu portato alla stazione di Scanno e secondo i medici si sarebbe rimesso in forma. Non fu così. La cancrena li spinse ad amputargli la gamba e l’arto, secondo alcuni, appeso ad una corda dalla sede del municipio o, secondo altri, dalla stazione dei carabinieri.
Il 30 Luglio 1871 Croce fù interrogato. Durante questo incontro egli racconterà la sua vita da fuggiasco, da bandito e da capo brigante. Dopo undici anni di latitanza si concluse la vicenda del brigante Crucitte. Morì, probabilmente, in carcere nella città dell’Aquila ma non si saprà mai come. Di lui non abbiamo documenti fotografici, né l’atto di morte. Addirittura il foglio inerente il registro dei detenuti conservato presso l’archivio di stato del capoluogo abruzzese risulta mancante, come se la pagina fosse stata strappata per cancellare ogni traccia di Croce. Rimangono ora le leggende ed i racconti tramandati dalle fonti e dagli anziani del posto di quando cioè il brigante Crucitte era il brigante imprendibile dei monti d’Abruzzo.
a cura di Nunzio Mezzanotte “Briganti della Maiella, personaggi, luoghi e avventure”; Documenti tecnico – scientifici del PNM n.10
Iniziativa promossa con i volontari S.C.U. – Ilaria Di Prinzio, Valentina Di Prinzio, Sebastian Giovannucci
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