L'AGGUATO A PIETRE REGGE
Il 30 marzo 1862 partì da Castel di Sangro una vettura di posta in cui si trovavano Ernesto Perini e Fiorenzo Toma, rispettivamente direttore e vicedirettore delle sussistenze militari di Sulmona, insieme ad una guardia nazionale di Rocca Vallescura (attuale Rocca Pia). Dopo aver attraversato in piena notte la piana delle Cinque Miglia, giunsero nei pressi di Pettorano sul Gizio intorno alle quattro del 31. Si trovavano nella zona denominata Pietre Regge e quando pensarono che tutto fosse filato liscio furono accerchiati da una quindicina di uomini armati. I tre provarono a fuggire, ma furono raggiunti da diversi proiettili. Infine, non avendo più scampo, decisero di arrendersi. Non aveva senso resistere sotto il tiro dei fucili e potevano solo sperare di essere risparmiati se avessero mostrato collaborazione. Tuttavia furono pestati a sangue ed Ernesto ebbe la mandibola inferiore sfregiata da una coltellata. La banda di briganti riuscì a depredare 7.300 franchi in oro, riservati alla guardia nazionale di Sulmona, oltre che il denaro ed oggetti d’oro personali dei due ufficiali pubblici. La guardia nazionale della città peligna passò le successive due settimane a controllare casa per casa i contadini sospetti e riuscì a trovare alcuni oggetti che erano stati presi in quell’azione. Le indagini e gli interrogatori portarono a scoprire che Simone Scarola Casasanta, fratello di latte dei capibanda Marinucci, si assentò dal paese proprio la mattina del 31 marzo. Non avendo più alibi, fu portato dinanzi ad Ernesto Perini che lo riconobbe. Fu così che il primo della banda dei Sulmontini fu posto in carcere. Il 16 aprile le guardie trovarono una piccola capanna utilizzata dai contadini. Mentre si avvicinavano, videro fuggire Giuseppe Marinucci, Giambattista del Monaco e Pasquale Mancini. Quest’ultimo, dimorante in Pacentro, operava spesso in modo autonomo, ma da questo momento inizierà a partecipare alle azioni dei Sulmontini. Uomo di grande carisma e molto vicino agli ambienti reazionari diverrà pochi mesi dopo il capo indiscusso della banda della Maiella, che per oltre due anni dominò gran parte del massiccio. Intanto, in quella piccola capanna abbandonata, i militi vi trovarono armi, giacche e diversi oggetti, tra i quali anche gli orologi dei due derubati.
La banda, a questo punto, iniziò ad attaccare anche i proprietari terrieri che davano informazioni alle guardie circa i loro movimenti. Questo accadde a Sante Campanelli, sequestrato per alcune ore insieme ai suoi due figli a Marane, fino a quando un suo operaio arrivò da Sulmona con i soldi che avevano richiesto, oppure ad Antonio Falcone di Pescocostanzo aggredito e derubato, in località Pempinella di Cansano, delle 46 pezze di filo appartenenti a Don Annibale Corvi. Nel mese di maggio, poi, alcuni della banda dei Sulmontini, come lo stesso capo banda La Vella ed i fratelli Marinucci insieme a Raffaele Grilli, si unirono in alcune azioni con Pasquale Mancini, sia nella zona di Pescocostanzo che nei dintorni di Pacentro.
La banda, a questo punto, iniziò ad attaccare anche i proprietari terrieri che davano informazioni alle guardie circa i loro movimenti. Questo accadde a Sante Campanelli, sequestrato per alcune ore insieme ai suoi due figli a Marane, fino a quando un suo operaio arrivò da Sulmona con i soldi che avevano richiesto, oppure ad Antonio Falcone di Pescocostanzo aggredito e derubato, in località Pempinella di Cansano, delle 46 pezze di filo appartenenti a Don Annibale Corvi. Nel mese di maggio, poi, alcuni della banda dei Sulmontini, come lo stesso capo banda La Vella ed i fratelli Marinucci insieme a Raffaele Grilli, si unirono in alcune azioni con Pasquale Mancini, sia nella zona di Pescocostanzo che nei dintorni di Pacentro.
a cura di Nunzio Mezzanotte “Briganti della Maiella, personaggi, luoghi e avventure”; Documenti tecnico – scientifici del PNM n.10
Iniziativa promossa con i volontari S.C.U. – Ilaria Di Prinzio, Valentina Di Prinzio, Sebastian Giovannucci
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