01 Settembre 2024
Un Parco di Montagna affacciato sul Mare

I pini neri di Cima della Stretta

Progetto editoriale con la collaborazione del fotografo Bruno D'Amicis
Non è facile riuscire a dedurre l'età di un essere vivente. I nostri sensi, particolarmente attenti ed allenati a cogliere ogni dettaglio dell'aspetto dei nostri consimili, dell'ambiente che ci circonda nell'immediato o le varie caratteristiche delle nostre creazioni, faticano non poco ad attribuire il passare del tempo alle “cose della natura.” Montagne, falesie, foreste, laghi e fiumi non sembrano mutare con gli anni. Per non parlare, poi, di animali e fiori selvatici, che sembrano perennemente giovani. Forse gli alberi e, in particolare, quelli di grandi dimensioni, sono tra i pochi organismi il cui aspetto ne tradisce facilmente l'età: i rami spezzati dal carico della neve o dal bacio del fulmine; il portamento contorto per assecondare intemperie e gravità; la corteccia segnata dalle stagioni, dai funghi, dal becco appuntito dei picchi o dalle mandibole di piccoli coleotteri, sono tutti indizi facili da cogliere per apprezzare la “vetustà” di una pianta.

Il tronco possente e la corteccia fortemente fessurata di uno dei più grandi pini neri della Maiella

Se il volto segnato da rughe, fatiche ed esperienze di una persona anziana attrae inevitabilmente la nostra curiosità, così l'aspetto “vetusto” dei grandi patriarchi vegetali è allo stesso modo in grado di serbare storie sorprendenti.


Come quella dei pini neri che crescono abbarbicati sulle ripidissime pareti settentrionali di Cima della Stretta, nel territorio di Fara San Martino. Alcune decine di pini neri, alcuni dei quali chiaramente ultracentenari, costituiscono un piccolo nucleo di alberi straordinari, dal portamento caratteristico e ieratico, dal tronco possente e dalla chioma ampia, che sfidano la gravità e il vuoto del misteriosa Valle del Fossato, una forra profonda che si snoda alla base delle pendici della montagna prima di aprirsi nella Val Serviera.
Questa è una delle aree in assoluto più accidentate e selvagge del Parco della Maiella, regno indiscusso di una fauna e flora di prim'ordine: con i suoi 4200 ha, la Riserva Naturale Fara San Martino – Palombaro, infatti, è casa tra l'altro di lupi, camosci e aquile reali, che nidificano sulle stesse pareti dei pini e amano posarsi sui loro rami contorti, aggiungendo nobiltà alla nobiltà.

Un'aquila reale riposa sui rami di uno degli straordinari pini neri che crescono in verticale sulle pareti vertiginose di Cima della Stretta
Ma non sono solo le tracce del tempo o gli artigli delle aquile ha lasciare segni su questi alberi. Nonostante la posizione all'apparenza inespugnabile, molti di loro presentano incisioni e tentativi di taglio sul fusto e la corteccia.

Questi pini “dimenticati” in realtà sono noti da sempre alla popolazione locale, con il nome dialettale di “chiète” e da sempre sfruttati come legname o per la raccolta della resina, effettuata attraverso delle incisioni e utilizzata per realizzare delle torce che erano impiegate nella processione del Venerdì Santo.

I giovani di Fara si cimentavano nel taglio di questi alberi impiegando attrezzature rudimentali e spesso a rischio della propria stessa vita. È chiaro che i grandi esemplari che ancora oggi si possono ammirare su queste rupi sono quelli più difficili da raggiungere, la cui posizione gli ha permesso di salvarsi dalla scure e dal fuoco.
Sono alberi dal tronco possente e dalla corteccia squamosa, che ricorda la pelle dei grandi pachidermi. I rami spessi e contorti sono adornati di fronde color smeraldo e la loro postura elegante che risponde al gioco del vento, della neve e della gravità, ricorda un poco le atmosfere e gli alberi ritratti nei paesaggi dei pittori dell'Estremo Oriente.
I tecnici del Parco Maiella, Luciano Di Martino e Valter Di Cecco effettuano i rilievi di uno dei pini più longevi

Per riuscire a calcolare l'età di questi silenziosi testimoni del cuore della Maiella, negli ultimi anni dal Parco è stato condotto uno studio in collaborazione con l'Università della Tuscia di Viterbo.

Si sono rese necessarie competenze e attrezzature alpinistiche, nonché un pizzico di coraggio, per permettere ai tecnici di coprire una discesa in corda doppia di circa duecento metri e poter così raggiungere gli esemplari di pino più grandi. All'analisi delle “carote” (campioni di legno) raccolti delle piante, per un esemplare in particolare è stato possibile stimare un'età di circa 900 anni. Nove secoli: il che significa che alcune di queste piante sono nate ben prima di Federico II o di Celestino V!
Discesa alpinistica agli spettacolari pini neri di Cima della Stretta
I parenti più prossimi di questi patriarchi si trovano nel cuore di un'altra area protetta: ne sopravvive infatti un grande nucleo nei pressi di Villetta Barrea e un altro, più ridotto ma con esemplari notevoli, sulle balze precipiti della Camosciara nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Una volta tanto, c'é da gioire del fatto che, dopo tanti secoli e vicissitudini, tali meraviglie della natura siano finalmente al sicuro e ben protette nel cuore di due dei più bei parchi nazionali italiani. L'augurio è che, grazie a questo, possano vegliare silenziosi su queste montagne per secoli e secoli ancora.


Gole di San Martino in Valle

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